La sentenza della Corte di Giustizia europea del 29 febbraio 2024 è destinata ad avere una forte eco sulle farmacie, perché si è occupata dei siti web intermediari e delle piattaforme per l’e-commerce -cosiddetto marketplace- affermando che può essere vietata la fornitura di medicinali non soggetti a prescrizione medica tramite i predetti strumenti informatici soltanto se il “prestatore del servizio” (cioè il soggetto che gestisce la piattaforma o il sito web) procede alla vendita di medicinali in assenza di autorizzazione.
Il discrimine di ciò che è ammesso dipende dal fatto che il soggetto gestore della piattaforma/sito web svolga un’attività di “vendita” a distanza al pubblico dei medicinali oppure una mera attività di “intermediazione”, che metta semplicemente in contatto i farmacisti con gli utenti finali: la prima è vietata, mentre la seconda è ammessa.
La questione non è, dunque, di scarso momento, perché in Italia il ministero della Salute ha vietato l’utilizzo di siti web intermediari, piattaforme per l’e-commerce (marketplace) e applicazioni mobili per smartphone o tablet “funzionali alla gestione degli acquisti on line di medicinali” offerti al pubblico dai siti web autorizzati. Per il Ministero non è, infatti, consentito l’utilizzo dei predetti strumenti in quanto la vendita on line di medicinali è concessa unicamente ai soggetti autorizzati che utilizzino il sito web registrato nel portale dello stesso Ministero. Sempre secondo il Ministero, l’utilizzo di piattaforme tecnologiche che dal prodotto scelto dall’utente risalgono a un venditore “selezionato” dal sistema informatico appare in contrasto con il diritto di libera scelta della farmacia sancito dalla Legge 475 del 68.
La pronuncia della Corte europea sembra, dunque, stravolgere il divieto della circolare ministeriale. Vediamo, innanzitutto, il caso concreto.
La lite è sorta tra la società Doctipharma Sas e il raggruppamento di farmacie francesi Union des groupments de pharmaciens d’officine (Udgpo) e riguardava la messa in vendita on line di medicinali non soggetti a prescrizione da parte della piattaforma web di Doctipharma. La Doctipharma, si legge nella pronuncia, ha ideato il sito web www.doctipharma.fr sul quale gli utenti di internet possono acquistare, a partire dai siti di farmacie, i medicinali non soggetti a prescrizione medica obbligatoria.
Ritenendo che il servizio fornito dalla Doctipharma tramite il suo sito web facesse partecipare quest’ultima al commercio on line di medicinali, pur non avendo la qualifica di farmacista, l’Udgpo ha citato Doctipharma dinanzi al Tribunale francese di Nanterre per accertare l’illiceità di tale sito web e ottenere la cessazione dell’attività di quest’ultimo. Il Tribunale ha accolto la richiesta. La Corte d’Appello di Versailles, a cui ha fatto ricorso Doctipharma, ha annullato, invece, la sentenza di primo grado, affermando che il sito web di quest’ultima fosse una “mera” piattaforma tecnica e che, come tale, non commercializzasse direttamente medicinali. Infine, la Corte di Cassazione francese ha annullato, con rinvio nuovamente alla Corte di appello, la sentenza di secondo grado, ritenendo che Doctipharma, pur avendo un ruolo di intermediario, partecipasse ugualmente al commercio elettronico di medicinali senza avere la qualifica di farmacista, il che l’ha posta in contrasto con la legge francese in punto.
Rinviata la questione alla Corte d’Appello, quest’ultima ha sollevato alcune questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia europea, che si possono riassumere sostanzialmente nei termini che seguono e cioè, se:
- ai sensi della direttiva 98/34, l’attività della Doctipharma esercitata sul suo sito doctipharma.fr debba essere qualificata come “servizio della società dell’informazione”;
- ai sensi della direttiva 2001/83, gli Stati membri possono vietare la prestazione di un servizio “della società dell’informazione” consistente nel mettere in contatto, mediante un sito web, farmacisti e clienti per la vendita di medicinali non soggetti a prescrizione medica, a partire dai siti di farmacie che hanno aderito a tale servizio.
Per il Giudice europeo, i siti web intermediari e le piattaforme per e-commerce per la vendita di medicinali sono “servizi della società dell’informazione”. Perché si tratti di servizio della società dell’informazione la Corte precisa che il servizio sia 1) prestato dietro retribuzione, 2) a distanza e per via elettronica, e 3) a richiesta individuale dell’utente del servizio, e cioè del sito di intermediazione/piattaforma.
Nel caso in esame, salva la verifica del giudice francese, per il Giudice europeo ricorrono tutti i requisiti. Infatti, il servizio reso dalla piattaforma di Doctipharma è:
– “remunerato”: il servizio è oggetto di corresponsione forfetaria o di abbonamento mensile con restituzione di una percentuale dell’importo delle vendite da parte dei farmacisti clienti alla Doctipharma;
– “a distanza e per via elettronica”: la messa in contatto tra il cliente e il farmacista effettuato tramite un sito web, avviene senza la presenza simultanea, da un lato, del prestatore del servizio e, dall’altro, del cliente o del farmacista.
– “a richiesta individuale dei farmacisti”, i quali devono aderire al sito web della Doctipharma per poter beneficiare del servizio e,
– “a richiesta individuale dei clienti/utenti della piattaforma”, i quali devono creare un “conto cliente” per poter accedere ai siti dei farmacisti di loro scelta al fine di acquistare su ordinazione i medicinali non soggetti a prescrizione medica.
Appurato che si tratti di attività commerciale on line, la Corte si è poi occupata di verificare se gli Stati membri possano vietare la particolare attività svolta mediante i “servizi della società dell’informazione” e cioè quella di intermediazione on line, tra farmacista e utente, per la vendita di medicinali senza obbligo di prescrizione medica. Il Giudice europeo distingue tra “vendita a distanza al pubblico” e pura intermediazione tra farmacisti/clienti e, pertanto, senza vendita.
La seconda questione di cui si è occupata la Corte riguarda la peculiare attività di Doctipharma consistente nel mettere in contatto, mediante un sito web, farmacisti e clienti per la vendita, a partire dai siti di farmacie che hanno aderito a tale servizio, di medicinali non soggetti a prescrizione medica. In punto la Corte ha introdotto un netto distinguo tra soggetti che vendono a distanza al pubblico medicinali non soggetti a prescrizione -e che, quindi, devono possedere i requisiti previsti dalla normativa nazionale in tema di vendita di medicinali- e soggetti che svolgono un’attività di mero collegamento tra clienti e farmacie, ai quali, pertanto, non si applicano i predetti requisiti.
In esito a tale verifica, se Doctipharma fosse considerata essa stessa venditrice di medicinali, ai sensi della direttiva 2001/83, lo Stato membro in cui essa è stabilita potrebbe vietare tale servizio, poiché la società violerebbe la normativa europea che impone che il venditore di medicinali sia “autorizzato o legittimato alla vendita a distanza di medicinali”. Se, viceversa, il servizio reso da Doctipharma consistesse unicamente nel mettere in contatto venditori con clienti, cioè fornire un servizio proprio e distinto dalla vendita, allora tale servizio non potrebbe essere vietato dallo Stato membro per il motivo che la società partecipa al commercio elettronico di vendita di medicinali senza avere la qualifica di farmacista.
La verifica nel concreto dell’attività di Doctipharma è stata rimessa alla Corte di appello francese ma, ricordato che gli Stati membri per motivi di tutela della salute pubblica possono imporre vincoli alla vendita on line di medicinali, si ricava il seguente principio dalla pronuncia in commento. “Gli Stati membri possono vietare l’utilizzo di piattaforme o siti web di intermediazione tra farmacisti e clienti per la vendita di medicinali non soggetti a prescrizione medica a condizione che il prestatore del servizio proceda esso stesso alla vendita senza essere autorizzato o legittimato dalla normativa dello Stato membro nel cui territorio è stabilito”.
In Italia, cosa accadrà per le farmacie che commerciano on line? La sentenza ha introdotto un principio del quale si dovrà tener conto, perché impatta sul divieto introdotto dal ministero della Salute. Occorrerà, dunque, comprendere come operano nel concreto le piattaforme di intermediazione presenti nella rete partendo dal ruolo del gestore del servizio on line, analizzando le modalità di accesso degli utenti e dei farmacisti, senza trascurare il diritto di libera scelta della farmacia da parte dei cittadini.
Insomma, le singole modalità di funzionamento delle piattaforme/siti web per la vendita dei medicinali indurranno dei ragionamenti interpretativi che non potranno prescindere dalla pronuncia in commento, che ha aperto un inevitabile dibattito in materia destinato a non sopirsi così in fretta.